Informazioni personali

La mia foto
Sale, Alessandria, Italy
Ex giornalista pubblicista; Organizzatore di festival letterari; Presentatore; Speaker radiofonico;

21 aprile 2020

ROBERTO ANDÒ IL BAMBINO NASCOSTO

Gabriele Santoro, professore di pianoforte al conservatorio San Pietro a Majella di Napoli, ha l’abitudine di radersi declamando una poesia. Una mattina, il postino suona al citofono per consegnare un pacco, lui apre la porta e, prima di accoglierlo, corre a lavarsi la faccia. In quel breve lasso di tempo, un bambino di dieci anni si intrufola nel suo appartamento. Il maestro – così lo chiamano nel problematico quartiere di Forcella dove abita – se ne accorgerà solo a tarda sera, quando riconosce nell’intruso Ciro, il figlio dei vicini di casa. Interrogato sul perché della sua fuga, Ciro non parla. Il maestro di piano, d’istinto, accetta comunque di nasconderlo: Gabriele e il bambino sanno di essere in pericolo ma approfittano della loro reclusione forzata per conoscersi e riconoscersi. Il bambino è figlio di un camorrista, viene da un mondo criminale che lascia poco spazio ai sentimenti, e ora un gesto avventato rischia di condannarlo. Il maestro di pianoforte è un uomo silenzioso, colto, un uomo di passioni nascoste. Toccherà a lui l’educazione affettiva del piccolo ribelle. Una partita rischiosa nella quale si getterà senza freni sfidando i nemici di Ciro, sino a un esito imprevedibile in cui a tornare saranno i conti tra la legge e la vita.

18 aprile 2020

ALÌ BECHEUR I DOMANI DI IERI

Sin da piccolo Ali è abituato allo sguardo severo del padre, una lama incombente capace di farlo sentire sempre inadeguato. Figura enigmatica e rigorosa, Omar può fregiarsi di una storia personale piena di glorie, scandita dalle battaglie della Tunisia verso la libertà e l'indipendenza: il riscatto dalle umili origini grazie all'eccellente educazione al collège Sadiki, le contestazioni del primo Novecento contro il protettorato francese, una carriera forense spesa in difesa dei compatrioti insorti contro i colonizzatori. Ma la sua intransigenza ha segnato il figlio per tutta la vita: come si può esistere di fronte a un padre così monumentale? E come lo si può ricostruire una volta scomparso?

GUIDO MARIA BRERA LA FINE DEL TEMPO

Philip Wade è uno stimato professore di Storia contemporanea al Birkbeck College di Londra, ma in passato ha vissuto molte vite e in una di queste ha lavorato per una grande banca d’affari della City in qualità di analista, chiamato a prevedere le tendenze economiche, politiche e sociali su cui indirizzare gli investimenti. Colpito da una forma di amnesia, Philip oggi non riesce più a trattenere alcun ricordo recente: nei buchi della sua memoria scompare anche il saggio che stava scrivendo e di cui non c’è più traccia. Con il ritmo di un giallo, La fine del tempo narra l’indagine di un uomo nell’abisso della propria mente, intorno al mistero di un libro rivoluzionario e perduto. Scoperta dopo scoperta, mentre l’Europa si infiamma sotto il montare della marea populista, Philip Wade ricompone il mosaico del suo libro, che potrebbe mettere in discussione il dominio delle grandi corporation che governano l’economia mondiale. E che hanno fondato la loro ascesa inarrestabile sull’eliminazione della principale variabile del gioco finanziario – il tempo – condannando così il nostro pianeta a vivere un eterno presente, quando tutto è possibile per i nuovi padroni del vapore, i signori del silicio, l’aristocrazia delle app.

17 aprile 2020

GUIDO MARIA BRERA I DIAVOLI

Sotto la cupola di vetro della Royal Albert Hall, nel cuore pulsante di Londra, due uomini giocano a tennis nel silenzio di una sala da cinquemila persone, vuota. Derek Morgan, trader di una grande banca americana, può avere per sé qualsiasi posto. È uno che può tutto. All'italiano che saltella dall'altra parte della rete, Massimo De Ruggero, sta per annunciare che tornerà alla casa madre di New York e che ha scelto lui come successore: significa cinquanta milioni di dollari all'anno e un potere enorme, superiore a quello di qualunque politico. Quando è partito da Roma, Massimo voleva salire in alto, fino alla cima della piramide, e vedere il futuro prima degli altri. Adesso ce l'ha fatta, la City è ai suoi piedi. È arrivato il momento di volare, ma la caduta è iniziata da tempo, e lui lo sa bene. Ha capito che la finanza non è soltanto un vertiginoso gioco di prestigio, il livello dello scontro si è alzato oltre i limiti, e quello per cui si lotta non è più un profitto con molti zeri. È la sopravvivenza dell'Occidente così come lo conosciamo. Si dice sempre che i tessitori del nostro destino non hanno volto, che il loro trucco più diabolico è farci credere che non esistano. Guido Maria Brera ce li mostra per la prima volta da vicino, portandoci esattamente al centro della zona grigia dove nascono le decisioni, dove si esercita l'unico vero potere del nostro tempo.

LUIS SEPULVEDA LA FINE DELLA STORIA

Juan Belmonte, dopo aver combattuto tante battaglie – prima fra tutte quella al fianco di Salvador Allende – da anni ha deposto le armi e vive tranquillo in una casa sul mare nell’estremo sud del Cile, insieme alla sua compagna Verónica, che non si è mai completamente ripresa dopo le torture subite all’epoca della dittatura. Belmonte è un uomo stanco, disilluso, restio a scendere in campo. Ma il passato torna a bussare alla sua porta. I servizi segreti russi, che conoscono bene il suo curriculum di esperto di guerra sotterranea e infallibile cecchino, hanno bisogno di lui. Sul fronte opposto, c’è il piano ordito da un gruppo di nostalgici di stirpe cosacca, decisi a liberare dal carcere Miguel Krassnoff, discendente diretto dell’ultimo atamano, la cui famiglia riuscì a riparare in Cile dopo la Seconda guerra mondiale. Krassnoff, ufficiale dell’esercito cileno durante la dittatura militare, al momento sta scontando numerose condanne per crimini contro l’umanità. E Belmonte ha un ottimo motivo per odiare «il cosacco», un motivo strettamente personale...

15 aprile 2020

NOVITA AMADEI IL CUORE È UNA SELVA

Non ha un nome, non parla. Lo trovano sotto il tabernacolo durante la messa di Natale e lo chiamano randagio. El mätt, il matto, diventerà poi, e sebbene in paese le donne ne abbiano ribrezzo e i bambini paura, finiranno per abituarsi ad avercelo attorno. Dorme nelle loro stalle, lavora da bracciante nelle loro fattorie e vaga per la golena parlando con gli animali o percuotendosi il naso perché assomigli al rostro di un rapace.
Quando non lavora, dipinge su assi di legno o imposte vecchie in mancanza di tele, con pennelli fatti di peli di cavallo, con i polpastrelli e le unghie. Dipinge paesaggi selvatici, lotte di fiere e volti divisi tra il dolore e l’euforia. Opere di una potenza straordinaria, visionarie e reali fino allo spasmo, nate da mani ulcerate e da una mente bislacca.
Le baratta, a volte, per un piatto di minestra all’osteria del paese, dove Bianca, la figlia dell’oste, si affaccenda tra i tavoli e la cucina. Soltanto dopo aver soddisfatto la fame degli occhi, sbirciando furtivo il bel viso della ragazza, attacca il piatto. E se incrocia il suo sguardo, sente ardere, d’improvviso, quella selva che è il suo cuore. Ma non le parla. Per lei disegna o modella, al margine del fiume, animali d’argilla in cui corpo e anima fuoriescono insieme. Quella è la sua lingua, una lingua di forme e colore, perché la voce, in bocca, ce l’ha solo per fare il verso alle bestie.
Soltanto vent’anni dopo, sotto l’Occupazione tedesca, el mätt, con somma sorpresa dei paesani, parlerà. Oltre al dialetto, appreso nel tempo vissuto al villaggio, parlerà la sua lingua madre, il tedesco. Nonostante il suo corpo goffo e lo spirito storto, i nazisti si serviranno di lui come interprete al presidio militare. E sempre a lui ricorreranno, pochi mesi prima della fine della guerra, per un’ultima, frettolosa seduta della corte marziale che deve giudicare della relazione illecita tra Bianca e un giovane militare tedesco. Un compito ingratoche farà precipitare gli eventi e segnerà definitivamente la vita di Bianca e la sua.

14 aprile 2020

EMILIANO BEZZON IL DELITTO DI VIA FILODRAMMATICI

RECENSIONE

Donata Messina e Giorgia Del Rio sono due personaggi creati dalla penna di Emiliano Bezzon con il precedente libro ambientato in Val Solda,  Il manoscritto scomparso di Siddharta.
Due figure femminili perfettamente complementari che l'autore ha saputo caratterizzare con notevole maestria e anche un certo realismo.
In questa nuova avventura il lettore viene riportato a Milano.
Città che il nostro conosce molto bene.
Questa volta però a differenza di molti autori della casa editrice non è la città a essere la vera protagonista. La metropoli ci viene descritta in modo veloce, fa da proscenio velato filtrata dalle vetrate dell'appartamento della psicologa Del Rio.
Bezzon ha puntato la lente di ingrandimento su luoghi particolari, descrivendoli minuziosamente: il teatro La Scala e la casa di riposo per musicisti Giuseppe Verdi.
Nella narrazione sono comunque sempre tenute in primo piano tre figure ben precise: La capitana Doriana Messina, la psicologa Giorgia Del Rio e il maresciallo Luciani. Sono loro la squadra intorno a cui si affastellano e ruotano tutti gli altri comprimari.
Un noir che si può definire senza tema di smentita, corale.
La descrizione dei comportamenti e delle figure durante la routine della vita militare, è lucida precisa e molto realistica in quanto parte integrante della vita di tutti i giorni dell'autore.
La scrittura è tecnica, tagliente e pulita, pur mantenendo la giusta fluidità che consente una narrazione veloce.
Bezzon ha stile, possiede una scrittura elegante resa ibrida, in alcuni passi, soprattutto quelli da interno della questura, da un certo "formalismo" nel linguaggio.
Artefizi e ferri del mestiere non ne usa molti, giusto un paio: La sua ben nota ironia e la battuta pronta, per smorzare i momenti di tensione durante i dialoghi. Per spezzare il pathos narrativo che sta crescendo troppo, inframezza con un capitolo, sospendendo la narrazione e lasciando basito il lettore coinvolgendolo ancora di più impedendogli di chiudere il libro.
È un noir che parte alla prima riga con un delitto e poi tutta la storia è un enorme puzzle da comporre tramite l'iter investigativo. Un viaggio di centoottantasei pagine che si leggono in un fiato e dove Bezzon alla fine ci mostra che anche dietro i più grandi crimini, si nascondono sempre i nostri vizi capitali.

12 aprile 2020

GIORGIO BALLARIO IL DESTINO DELL'AVVOLTOIO

Fabio Montrucchio, torinese, avvocato, ha un grande futuro dietro le spalle e un presente vissuto sul confine incerto tra legalità e illegalità. Un matrimonio fallito, qualche deriva alcolica e psicotropa di troppo. E, soprattutto, niente più illusioni sulla vita, l'amore, la carriera. Perché Montrucchio non è un principe del foro. Anzi. Campa di piccole truffe ai danni delle assicurazioni, e per questo bazzica i pronto soccorso degli ospedali cittadini facendo balenare alle vittime degli incidenti stradali e ai loro parenti il miraggio di risarcimenti a sei zeri, approfittando della loro precaria situazione emotiva. Mica per niente, nell'ambiente, l'hanno soprannominato l'Avvoltoio. Una vita di moderata disperazione e amori senza futuro, di rimpianti, di espedienti. Piccolo cabotaggio. Poi, un giorno, l'Avvoltoio, già coinvolto in una pericolosa vicenda di debiti di gioco, resta invischiato in una faccenda più grande di lui. Un lavoretto facile facile, in apparenza, un tamponamento fittizio, solo che dietro, stavolta, c'è l'ombra lunga della 'ndrangheta. E Montrucchio cade nella trappola, trascinato a sua insaputa in una faida tra cosche. Un meccanismo inesorabile si mette in moto, cui l'Avvoltoio tenta di sottrarsi anche sfruttando la scoperta d'insospettabili connessioni tra il mondo della giustizia e la malavita calabrese. Ma la trappola si richiude su di lui, feroce e progressiva, fino alla resa dei conti finale. Una Torino notturna, livida e vitale, personaggi falsi e spietati, un mondo in cui la giustizia è una pratica per difetto, esposta al vento di interessi opachi, inconfessabili.

LUIGI VERGALLO MUFFA DELLA CITTÀ

"Muffa della città" richiama un vecchio articolo del "Corriere d'informazione" di Milano, ed è con questa metafora che Luigi Vergallo definisce e descrive quell'impasto vischioso rappresentato dai piccoli criminali, dagli accattoni, da tutte quelle figure devianti che per molti decenni hanno popolato le città europee e i loro bassifondi. Nel contesto di una puntuale ricostruzione storica basata su numerose fonti d'archivio reperite in diverse città italiane, francesi, inglesi e americane, l'autore ripercorre i casi di Milano e Marsiglia - e dei loro quartieri di "malavita" - senza soffocare la carica narrativa naturalmente presente nei documenti che ha utilizzato (relazioni di polizia, verbali d'interrogatorio, esposti redatti dalla cittadinanza, articoli di giornale e così via...). A partire dall'inizio del secolo e fino alla Contestazione, Vergallo ricostruisce le relazioni fra le forze dell'ordine, la popolazione e la piccola criminalità; analizza tre tipologie di reato - ritenute trasformative e periodizzanti dal punto di vista della criminalità - come la tratta delle bianche, le rapine a mano armata e il traffico degli stupefacenti; spiega il ruolo determinante svolto dai confidenti e dai delatori, alla cui presenza si deve l'esito positivo di buona parte delle inchieste di polizia di successo. Una ricostruzione rigorosa e al contempo avvincente che si spinge fino al momento in cui le organizzazioni criminali vere e proprie riuscirono a imporre, non senza conflitti, un monopolio di fatto su tutta una serie di traffici, relegando la "muffa della città" negli interstizi delle attività criminali.

MAURICE SACHS IL SABBA


Il Sabba non è soltanto il «romanzo di formazione» del più scandaloso, sfrontato, geniale avventuriero che si sia aggirato nella Francia tra le due guerre e la cronaca irriverente di un'epoca dedita a tutti gli eccessi: è molto di più. È il libro di uno scrittore magistrale, la cui prosa «deriva in linea diretta da quella di Saint-Simon», come ha decretato Maurice Nadeau, che ritiene Sachs degno di figurare «tra i grandi moralisti francesi». Di quella Parigi che nel primo dopoguerra è diventata «il centro del mondo» artistico e letterario, e per ciò stesso di tutte le stravaganze, di tutte le dissolutezze, Maurice Sachs è un cronista sagace, arguto, sarcastico, ma anche uno dei protagonisti più scapestrati: frequenta gli scrittori alla moda (di alcuni di essi, Cocteau e Gide tra gli altri, si possono leggere ritratti di una corrosiva lucidità), dissipa denaro non suo, accumula debiti, ruba ai suoi migliori amici, si fa battezzare (lui, di famiglia ebrea), entra in seminario, ne esce dopo sei mesi con un'accusa di corruzione di minore. Trasferitosi in America, sposa, quasi per sfida, la figlia di un pastore protestante, che abbandona dopo pochi mesi per un giovane americano, con il quale torna a Parigi: a fare altri debiti, a vivere di più o meno miserabili truffe, a gonfiarsi di alcol, a sognare di scrivere un grande romanzo. Non lo scriverà mai. Sarà la sua stessa vita, invece, a diventare – nel Sabba e nel successivo La Chasse à courre – una narrazione di assoluta, sorprendente singolarità.

PAOLO ROVERSI ALLA VECCHIA MANIERA

 Sono gli ultimi giorni dell’Expo, e Milano galleggia in un inedito silenzio quando in pieno centro viene ritrovato il cadavere di un avvoca...