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Ex giornalista pubblicista; Organizzatore di festival letterari; Presentatore; Speaker radiofonico;

23 dicembre 2019

NANNI BALESTRINI VOGLIAMO TUTTO

Vogliamo tutto è un ordigno linguistico di calcolata potenza e di trattenuta passionalità. Passione e ironia si intrecciano con dosaggio sapiente ed esplodono insieme, dando vita a un libro che si può leggere in molti modi: come un resoconto delle lotte sociali del proletariato metropolitano, come un controcanto incalzante e talora balzellante al diffondersi dell’autonomia degli operai, come uno sguardo distaccato, o come un gesto di simpatia del linguaggio per la vita.
Pubblicato per la prima volta nel 1971, Vogliamo tutto è la storia di un operaio arrivato dal Sud nella Fiat in ebollizione, la storia della scoperta della metropoli, della violenza e dell’oppressione capitalistica, della comunità proletaria che si forma, della rivolta che serpeggia e poi esplode. Il romanzo racconta in prima persona le vicende dell’emigrazione dal Sud e quelle della lotta operaia a Torino. La prima persona narrante è quella di un operaio che Balestrini ha fatto parlare e registrato coscienziosamente per poi rimixare il parlato con un ritmo che si piega all’intenzione di una poetica variegata, policroma e polifonica. Quella realizzata è un’operazione che non ha nulla a che fare con il populismo o con il realismo descrittivo. Il lavoro di smontaggio e rimontaggio segue le linee di una metodologia combinatoria che si esercita integralmente sulla materia linguistica con un «procedimento» calcolato.
È qui la caratteristica assolutamente originale di questo scrittore, nel suo operare attraverso prelevamenti di materiale verbale pre-esistente alla scrittura. In questo senso si potrebbe dire che Balestrini è il primo poeta che non ha mai scritto una parola sua, perché le parole per lui sono materiale da ricombinare. Il gesto del poeta consiste nel prelevare parole dallo smisurato territorio verbale circostante, nel predisporne il funzionamento, il ritmo e dunque la potenza emotiva.

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