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Sale, Alessandria, Italy
Ex giornalista pubblicista; Organizzatore di festival letterari; Presentatore; Speaker radiofonico;

30 gennaio 2020

JHON STEINBECK LA PERLA

Kino è un misero pescatore indio. La sua compagna si chiama Juana e i due hanno un unico bimbo, Coyotito. Un giorno Coyotito viene punto da uno scorpione e portato di corsa da un dottore che però si rifiuta di curarlo, dopo aver appurato che Kino non aveva soldi per pagarlo. I giovani con il bimbo si recano alla spiaggia dove Kino possiede una piccola canoa e lì Juana prega perché possano trovare una perla con cui pagare il dottore. E Kino trova la perla perfetta, luminosa e splendida come la Luna, grossa come un uovo di gabbiano.
Nel frattempo il bimbo, che era stato morsicato e giaceva gonfio e febbricitante fino a poco prima, inizia a stare meglio; il gonfiore diminuisce e il veleno lascia il suo piccolo corpo. In poco tempo la voce del ritrovamento della perla si sparge e tutti gli abitanti della piccola città vengono a saperlo. Il prete, mentre si chiede quanto potesse valere la perla, si domanda se il bambino fosse stato battezzato e il dottore, al quale era giunta la notizia, dice alla donna che stava curando che Kino era un suo cliente. Tutti, in poco tempo, cominciano a interessarsi di Kino "gente con cose da vendere e favori da chiedere" perché Kino aveva trovato la perla più grande del Mondo.
Kino tenta di vendere la perla a un gioielliere senza scrupoli, che ne sminuisce il valore e gli offre di comprarla per un prezzo irrisorio, proposta che Kino rifiuta. Juana, di fronte alle manifestazioni di invidia e di cupidigia, si convince che la perla è maledetta e durante la notte tenta di nascosto di rigettarla in mare, ma viene scoperta da Kino che litiga furiosamente con lei, abbandonandola sulla spiaggia. Sulla strada del ritorno, Kino viene assalito da uno sconosciuto. I due lottano e Kino uccide lo sconosciuto, accoltellandolo. Kino è convinto che lo sconosciuto gli abbia rubato la perla, che invece è nella mano di Juana che gliela mostra. Al rientro, trovano la loro capanna in fiamme e si rifugiano con Coyotito nella capanna di Juan Tomás, il fratello di Kino.
Dopo aver raccolto un po' di provviste, Kino, Juana e Coyotito si mettono in cammino verso la capitale, dove Kino spera di poter vendere la perla per un prezzo adeguato al suo valore ma ben presto si accorgono di essere inseguiti da un gruppetto di uomini. Si rifugiano quindi in una grotta. Kino si prepara a difendersi ma a un certo punto uno dei presunti inseguitori, udendo un pianto di bimbo scambiato per un ululato di coyote, spara in direzione del suono. Kino risponde al fuoco, uccidendoli tutti, ma si accorge che qualcosa non va: Coyotito infatti è stato colpito a morte dalla fucilata dell'inseguitore. Il mattino dopo, Kino e Juana ritornano a casa col corpo di Coyotito, e Kino, recatosi alla spiaggia, ributta in mare la perla che gli aveva rovinato la vita

25 gennaio 2020

SERENA VENDITTO L'ULTIMA MANO DI BURRACO

Chiaia, centro di Napoli. Dopo una tranquilla cena in famiglia con la moglie e i figli, che si è conclusa con una partita a burraco, Temistocle Serra, distinto professore universitario di Teoria dei giochi e delle decisioni, muore.
Omicidio, suicidio o morte naturale? Stabilirlo spetta alla polizia, ma c’è una cosa che le forze dell’ordine proprio non riescono a fare: interpretare una sequenza di carte da gioco che l’uomo ha lasciato sul tavolo prima di morire, in un ordine che non può essere certo casuale. Un messaggio in codice, forse, come nei romanzi di Agatha Christie e di Ellery Queen. E chi meglio di Malù, archeologa col vizio della letteratura gialla, può aiutare a risolvere l’enigma?
E così il commissario De Iuliis la coinvolge nel caso in qualità di consulente investigativo («Proprio come Sherlock Holmes!» esulta lei). E Malù a sua volta trascina nell’indagine la sua famiglia d’elezione, gli amici con cui condivide il caotico appartamento di via Atri 36, a due passi da Spaccanapoli: Ariel, traduttrice di atroci romanzetti rosa nonché esperta giocatrice di burraco; Samuel, rappresentante di articoli per gelaterie di origini sardo-nigeriane; Kobe, talentuoso quanto sgrammaticato pianista giapponese; e ovviamente il gatto nero Mycroft con il suo fiuto infallibile.
Cosa voleva indicare Temistocle Serra con quel codice: il nome del suo assassino? La localizzazione di un tesoro? Una misteriosa formula? E soprattutto: chi era davvero il professore, e quali segreti nascondeva? I quattro coinquilini proveranno a scoprirlo, e anche Mycroft avrà modo di miagolare la sua.

ROBERTO BOLANO I DETECTIVE SELVAGGI

"Anziché lo scrittore," ha detto una volta Roberto Bolaño "mi sarebbe piaciuto fare il detective privato. Sicuramente sarei già morto. Sarei morto in Messico, a trenta, trentadue anni, sparato per strada, e sarebbe stata una morte simpatica e una vita simpatica". Simpatica, eppure segnata già dalla sconfitta e dalla follia, dissipata e bohémienne, esaltante e allucinata, dopata di sesso, poesia, marijuana e mezcal, è sicuramente la vita dei protagonisti di questo libro, che Enrique Vila-Matas ha descritto come "il viaggio infinito di uomini che furono giovani e disperati, ma non si annoiarono mai". "I detective selvaggi" è infatti il romanzo delle loro avventure, ed è quindi un romanzo di formazione; ma è anche un romanzo giallo nonché, come tutti quelli di Bolaño, un romanzo sul rapporto tra la finzione e la realtà. Un libro, ha scritto un critico messicano, "simile a uno stadio dove la gente entra ed esce in continuazione", e dove, come avviene in 2666, si incrociano e si aggrovigliano, spesso contraddicendosi, le "versioni" di un'infinità di personaggi (tutta gente che "on the wild side" non si è limitata a farci un giro): poetesse scomparse nel deserto del Sonora e puttane in fuga, ex scrittori di avanguardia e magnaccia imbufaliti, architetti vaneggianti e poliziotti corrotti, cameriere libidinose e poeti bisessuali, e poi avvocati, editori, neonazisti e alcolizzati...


24 gennaio 2020

ROBERTO COSTANTINI UNA DONNA NORMALE

Aba Abate è una donna normale. Suo marito Paolo, pubblicitario aspirante scrittore, è un uomo colto ma con scarso senso pratico. I suoi figli, Francesco e Cristina, sono adolescenti e, come tutti i ragazzi a quell’età, problematici e conflittuali. La sua unica vera amica sin dai tempi della scuola, Tiziana, ha una libreria e da single continua a cercare il grande amore. Aba si rivolge a lei in cerca di un aiuto per le aspirazioni di romanziere del marito. Aba fa di tutto per tenere unita la sua famiglia e i suoi affetti, ma non è sempre facile per via del suo vero lavoro. Perché Aba Abate in realtà è anche «Ice».
Non una semplice impiegata ministeriale come credono i suoi familiari, ma una funzionaria dei Servizi segreti con un compito delicatissimo: reclutare e gestire gli infiltrati nelle moschee. È proprio da un suo informatore che Aba apprende una notizia potenzialmente catastrofica: in Italia sta arrivando via mare dalle coste libiche un terrorista pronto a farsi esplodere. La scadenza: una settimana. Aba si trova costretta a intervenire in prima persona anche sul campo, in Libia e in Niger. E per avere una pur minima speranza di successo deve avvalersi della collaborazione di un agente del posto, il professor Johnny Jazir, un uomo che la trascina gradualmente in una spirale in cui tutti i suoi valori sono messi in dubbio.
Le missioni si moltiplicano, le emergenze familiari e lavorative si sovrappongono nel giro di pochi, frenetici giorni, e quando niente va come dovrebbe il mondo di Aba – quello professionale, ma anche quello degli affetti e dell’amore per il quale ha sempre così tenacemente lottato – comincia inesorabilmente a crollarle addosso.
Possono davvero coesistere Aba e Ice?

22 gennaio 2020

ANDREA TARABBIA PARLARE PER IMMAGINI

Spesso non ce ne accorgiamo, ma quasi ogni cosa che diciamo o che scriviamo, dal messaggio WhatsApp all'email, contiene una figura retorica. Se una sera d'inverno torniamo a casa ed esclamiamo "Sono un pezzo di ghiaccio!" non siamo diventati un pezzo di ghiaccio, nemmeno dei bugiardi, ma abbiamo usato una metafora. Le figure retoriche sono strumenti potenti e se impariamo a usarle bene possono diventare nostre alleate. Ci aiutano a esprimere meglio quello che vogliamo comunicare, danno forza ai nostri discorsi e creano immagini che sorprendono chi ci ascolta. "Parlare per immagini" presenta 50 figure retoriche, da quelle che lavorano sul senso delle parole e lo usano in modi a volte imprevedibili, come l'iperbole e la perifrasi, a quelle che giocano con le lettere, le fanno confliggere o mimano il mondo attraverso i suoni, come le onomatopee e le allitterazioni.

21 gennaio 2020

SARA MAGNOLI DARK WEB

Vesna è un nome falso. Il nome scelto da Eva, 14 anni, per diventare una influencer da milioni di like. Doom Lad è il nickname di lui: Significa “ragazzo del destino”. Si incontrano su Instagram.
Ma Doom Lad cambia veste e nome a seconda delle situazioni. Il web è una ragnatela, dove si trova di tutto: bambini, ragazzine, immagini rubate, orrore. Giovanniboccaccio non è uno di loro ma finge di esserlo. Rocco d’Antonio, l’ispettore nascosto dietro a uno scrittore del Trecento deve trovare un modo per salvarla. Eva non sospetta quello che c’è dietro i messaggi, le videochiamate e le immagini che scambia con Doom Lad. Prima le foto, poi i video e alla fine l’incontro in hotel. Eva questa volta è da sola, non c’è schermo o famiglia a proteggerla. Doom Lad continua a chiederle foto ed Eva è convinta che lui la voglia solo aiutare a diventare una grande influencer. L’unico amico a cui Eva ha raccontato tutto è Pio che ha paura dei bulli che lo sbeffeggiano in internet e in faccia. L’unico pronto a sfidare il mondo per proteggerla. Ma Doom Lad sa di averla in pugno e di poterle chiedere sempre di più. Intanto l’ispettore serra le maglie del giro di sexting. Ha in mano una pedina importante, è a un punto di svolta. Non può sbagliare, ora che è vicino.
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LUCA CROVI L'ULTIMA CANZONE DEL NAVIGLIO

Gennaio 1929. Mentre il Generale Inverno assedia Milano e la avvolge di bianco, il pugno di ferro della milizia fascista cala sulla città che sta cambiando da un giorno all’altro. Automobili invadono le strade, vicoli cedono il posto ai boulevard e il Naviglio interno soccombe sotto le nuove coperture in pietra. Ma non tutti piegano il capo. Alla Scala Arturo Toscanini si rifiuta di eseguire gli inni al re e al duce convinto di dover suonare ben altra musica. Nei vecchi quartieri i “bravi ragazzi” della mala meneghina rispondono agli sgherri di Mussolini. E nella questura di piazza San Fedele il commissario Carlo De Vincenzi non si lascia ingannare da chi vuole depistarlo. Una donna è stata trovata cadavere davanti alla Colonna del Diavolo, vicino alla basilica di Sant’Ambrogio, e il caso rischia di compromettere alcuni membri del Partito. La successiva morte di un barcaiolo, che sta trasportando un ultimo carico di carta verso il Tombon de San Marc, prima dell’interramento del Naviglio, sembra a tutti un incidente. Ma non a De Vincenzi, e nemmeno ai malnatt della ligéra che della gran Milan conoscono l’anima e la lingua segreta.Dopo L’ombra del campione, Luca Crovi rimette in scena un’icona del giallo italiano, il celebre poliziotto creato da Augusto De Angelis tra i Trenta e i Quaranta, componendo il canto del cigno di un mondo al tramonto, di una variopinta umanità che affrontava la vita con coraggio e sbeffeggiava il potere con una risata.

19 gennaio 2020

LUCA D'ANDREA L'ANIMALE PIÙ PERICOLOSO

Dora Holler ha tredici anni e le idee chiare su ciò che non va nel mondo. Adesso si è data una missione: salvare il nido di una lince. Perciò scappa di casa con Gert, uno che ha conosciuto su Internet. Solo che Gert è un adulto e, soprattutto, il movimento ecologista di cui dice di far parte non esiste. Gert le ha mentito; mente sempre, perfino a sé stesso. Una fuga che doveva essere un viaggio iniziatico si trasforma in un incubo, impigliandosi nelle maglie di un disegno spaventoso che parte da molto lontano. La ricerca di Dora scatena volontari armati di fucile, teste calde e lotte di potere. Per salvarla serve qualcuno che ha conosciuto da vicino l’essenza piú pura dell’orrore, un uomo «secco come un colpo di manganello e dallo sguardo come filo spinato». Il capitano dei carabinieri Viktor Martini, quello che in un’altra vita, a Roma, ha catturato lo Squartatore di Testaccio. E da allora non è piú lo stesso.

ALDA MERINI SEI FUOCO E AMORE

Follia, fede, poesia: c'è un filo sottile che lega indissolubilmente le opere di Alda Merini ai momenti più dolorosi e significativi della sua esistenza, scandita in modo sempre autentico e intenso dalla malattia psichica e insieme da un anelito instancabile verso l'infinito, verso Dio. Tra le tante persone che hanno attraversato la vita di Alda Merini, una in particolare ha saputo cogliere questa commistione di carnalità e spiritualità: Enzo Gabrici, lo psichiatra che la poetessa chiamava il «Dottor G» e che, prima e meglio di ogni altro, capì che «la creazione attraverso l'arte poetica è stata il suo balsamo… perché questa l'avvicinava al grande spirito creatore». In questo libro Arnoldo Mosca Mondadori, che per più di dieci anni le è stato vicino come amico e collaboratore, trascrivendo centinaia di versi e proponendole temi su cui riflettere, ha raccolto alcune delle poesie che meglio esprimono la fame di assoluto di Alda Merini, la tensione religiosa presente nei suoi versi. In un'ampia introduzione racconta inoltre alcuni episodi della sua vita, per far sì che anche i lettori possano «sentire un po' il profumo di casa sua, conoscerla da vicino, e soprattutto avvertire le armonie della sua anima fatta di musica, quella musica che lei emanava come manna e donava intorno a sé». Un nuovo filo da seguire per giungere al segreto di una delle voci poetiche più belle, profonde e profetiche dell'ultimo secolo.

ANGELO D'ORSI L'INTELLETTUALE ANTIFASCISTA ritratto di Leone Ginzburg


Una vita intensa quanto breve, quella di Leone Ginzburg, consumata fra il 1909 e il 1944, fra Odessa, dove nacque, in un’agiata famiglia israelitica, e Roma, a Regina Coeli, dove trovò la morte nel Braccio del carcere controllato dai nazisti, ai quali era stato consegnato dai fascisti italiani.
Da Viareggio e Forte dei Marmi, dove trascorreva le vacanze, a Torino, dove compí quasi tutti gli studi, dalle amicizie giovanili, in particolare quella con il compagno di banco Norberto Bobbio al Liceo D’Azeglio, fino al lavoro
editoriale presso la casa editrice Einaudi, di cui fu fondatore con Giulio e con Cesare Pavese, l’intera esperienza biografica di Leone Ginzburg s’inscrive nel modello gobettiano di intransigenza politica e apertura culturale. La prima è tuttavia predominante, e culmina nel rifiuto del giuramento di fedeltà al regime imposto dal governo fascista ai liberi docenti, e prosegue con la militanza in «Giustizia e Libertà », la carcerazione, il lavoro clandestino nel Partito d’Azione, il confino e, dopo il 25 luglio, l’impegno nella Resistenza romana. Ginzburg fu uno straordinario suscitatore di cultura, sia nel lavoro per la casa Einaudi, che portò avanti anche durante il carcere e il confino, sia in altre imprese giornalistiche ed editoriali.
La biografia firmata da Angelo d’Orsi ci restituisce, in modo integrale, toccandone ogni aspetto, questa splendida figura d’intellettuale, che alla carriera accademica – alla quale era naturalmente portato, sulla base di una
intelligenza superiore e di un eccezionale bagaglio culturale – preferí l’azione diretta per la libertà di tutti, fino a pagarne le conseguenze con la sua stessa vita. In un’epoca in cui gli intellettuali si piegarono, nella quasi totalità, al potere mussoliniano, Ginzburg rappresentò la splendida eccezione; fu, davvero, «l’intellettuale antifascista».

PAOLO ROVERSI ALLA VECCHIA MANIERA

 Sono gli ultimi giorni dell’Expo, e Milano galleggia in un inedito silenzio quando in pieno centro viene ritrovato il cadavere di un avvoca...