Durante un'estate torrida, il giornalista Leo Malinverno è in vacanza con Eimì – la sua ragazza greca, di vent'anni più giovane – ma decide di tornare in una Roma che sembra non voler chiudere per ferie, quando riceve la telefonata dell'amico vicequestore Jacopo Guerci. Il secondo dei delitti compiuti con un preciso rituale,in cui alle vittime vengono asportati lembi di pelle tatuata, fa supporre agli inquirenti che possa trattarsi dell'azione di un temibile serial killer. Il Tatuatore,come presto viene battezzato, è spietato e sembra avere un progetto macabro, difficile da decodificare. Fra tanto sangue sparso, amici malati, scontri in redazione, complicazioni familiari e dubbi sentimentali, Malinverno inizia una sua inchiesta, parallela all'indagine dei carabinieri: e di pari passo allo sciogliersi del caso, accanto alla palese follia del Tatuatore scopre un'altra storia, non meno atroce.
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Informazioni personali
- RICCARDO SEDINI
- Sale, Alessandria, Italy
- Ex giornalista pubblicista; Organizzatore di festival letterari; Presentatore; Speaker radiofonico;
07 novembre 2022
02 novembre 2022
FAUSTO MANARA L'INCONSAPEVOLE
È notte fonda quando Antonio Mazzini risponde a una telefonata che mai avrebbe voluto ricevere. Psichiatra di successo, si occupa in particolare di adolescenza, e un giornalista gli dà una notizia che lo getta nello sconforto: Paola, una sua giovane paziente, si è suicidata in ospedale. Per Antonio - che ha dedicato tutta la propria vita alla professione, a parte qualche piccola scivolata nel mondo delle scommesse e dei locali notturni - quella morte è un fallimento che non può perdonarsi. È quindi per senso di colpa e forse anche per puntiglio che inizia a fare qualche ricerca sulla tragica fine della ragazza. Era un'anima fragile, sì, con un forte disturbo dell'alimentazione, ma gli ha sempre dato l'idea di essere una combattente, una che avrebbe fatto qualunque cosa per uscirne, e quel suicidio stona con tutto il suo quadro clinico. Il muro che Antonio si trova di fronte è spesso, la procura non ha dubbi, ma lui è convinto che qualcosa non quadri. Forse l'ombra che un infermiere ha visto fuggire per le scale e poi c'è il referto, anche se non decisivo, dell'autopsia... La ricerca ha sempre fatto parte del suo modo di lavorare ma questa volta sarà costretto ad addentrarsi in una storia intricata e agghiacciante, da cui gli sarà difficile uscire incolume.
EUGENIO TORNAGHI LUNEDÌ PROSSIMO
Un ladruncolo, un imprenditore, due bancari. E poi una guardia giurata, un vice questore, due poliziotti, un rider. Sono solo alcuni dei personaggi che s'intersecano nella surreale vicenda di un sequestro di persona che si tinge di politica, affari sporchi, disoccupazione e disperazione. Cosimo perde il lavoro, e deve dei soldi a certa brutta gente. Per cavarsi dai guai, organizza un furto di un carico di rame, ma nulla va come previsto, e finisce per prendere in ostaggio il suo ex datore di lavoro e due bancari. Asserragliato nella fabbrica, rilascia interviste da remoto che danno luogo a una lunga lista di equivoci. Nella confusione generale, e gravato da una tensione di ora in ora crescente, il commissario Cattaneo prova a scoprire la verità, in un caso che racchiude la corruzione, la necessità di apparire e l'opportunismo che contraddistinguono il nostro Paese.
GIAN ARTURO FERRARI STORIA CONFIDENZIALE DELL'EDITORIA ITALIANA
Chi racconta questa storia di scrittori e editori, stampatori e mecenati, talenti e miserie è stato un protagonista dell'editoria italiana del Novecento. Ha lavorato in case editrici medie e grandissime, si è occupato di patrie lettere e letterature straniere, soprattutto ha incontrato persone e cose, attraversato epoche, inventato collane, assunto e licenziato. Chi racconta somiglia abbastanza all'editoria italiana, elegante e iraconda, generosa e umbratile, colta e commerciale. Perché l'editoria, si legge in queste pagine, è figlia dell'intellettualità e del commercio, non appartenendo in fondo a nessuno dei due. E poi, annosa questione, sono gli editori capitani d'azienda? Esistono ancora come i primi trent'anni del Novecento ce li hanno consegnati? Chi racconta ricostruisce con passione e puntualità una storia che si suppone magmatica, casuale, con accelerazioni improvvise e sacche, costellata di invidie e affetti, rabbie e riconciliazioni, amori e antipatie. Chi racconta sa che attraverso l'editoria si può raccontare la storia d'Italia, quella tra le due guerre e quella degli anni di piombo, quella dei magnifici anni Ottanta e la più recente, quando i protagonisti sono forse meno eroici ma più inattesi. Con tono epico e comico, affettuoso e tagliente, con occhi distanti e nel contempo vicinissimi, Gian Arturo Ferrari ci accompagna nelle avventure umane e culturali degli uomini e delle donne che si sono occupati di scegliere come, quando e quali libri pubblicare in un paese in cui tutti scrivono e pochi leggono.
01 novembre 2022
DANIELE BRESCIANI TESTIMONE LA NOTTE
Siena, 1978. Una gita scolastica, l'intera classe di un liceo della Milano bene. Ci si diverte. Troppo. Troppo alcol, scherzi pesanti, poi la tragedia. È cominciato tutto allora, un groviglio di legami, dolori e rancori che conduce diritto all'oggi. Siamo di nuovo a Milano e l'ispettore Dario Miranda indaga sul ritrovamento della mano di una ragazza al Parco delle Cave, meta prediletta dei suoi vagabondaggi, ma anche di qualcuno che si diverte a nascondere tagliole e a vederle scattare. Altri frammenti di cadaveri spuntano sia in quell'angolo verde sia in altre zone della città. Osteggiato da un superiore con cui ha avuto scontri in passato, sostenuto nell'ombra da una PM brillante e affascinante, complici i colleghi del commissariato di periferia che è la sua base, Miranda unisce i puntini, insegue gli indizi, non si lascia scoraggiare dall'arroganza della Milano altoborghese in cui si addentra con la sua noncurante ostinazione, acuto e brusco, molto odiato ma anche molto amato. Tanti dialoghi, una doppia vicenda misteriosa, la banale ferocia del male in un thriller robusto e sorprendente. Proprio come Dario Miranda.
ENRIQUE VILA-MATAS STORIA ABBREVIATA DELLA LETTERATURA PORTATILE
"Verso la fine del 1924, sulla vetta dove Nietzsche aveva avuto l'intuizione dell'eterno ritorno, lo scrittore russo Andrei Belyj fu colto da una crisi nervosa nel constatare l'inarrestabile avanzata della lava del supercosciente. Quello stesso giorno e alla stessa ora, a non molta distanza da lì, il musicista Edgar Varèse cadeva improvvisamente da cavallo mentre, per scimmiottare Apollinaire, fingeva di accingersi ad andare in guerra. A me sembra che quelle due scene siano state i pilastri su cui fu edificata la storia della letteratura portatile. Una storia europea, alle origini, e leggera quanto la valigia-scrittoio con la quale Paul Morand percorreva su treni di lusso la luminosa Europa notturna: scrittoio mobile che ispirò a Marcel Duchamp la sua bôite-en-valise, senza dubbio il tentativo più geniale di esaltare il portatile in arte. La cassetta-valigia di Duchamp, che conteneva riproduzioni in miniatura di tutte le sue opere, si trasformò rapidamente nell'emblema della letteratura portatile e nel simbolo in cui si riconobbero i primi shandy."
VANESSA ROGHI EROINA
Valentina ha iniziato a fumare eroina a 13 anni. Era il 2002. Nessuno pensava che l'eroina fosse ancora una minaccia, si diceva che a farsi erano ormai solo i tossicomani sopravvissuti agli anni Ottanta, simbolo di un passato da dimenticare. Oggi Valentina ha 33 anni, è entrata e uscita da dodici comunità terapeutiche, solo per finire in carcere. Parte da qui, dalla vicenda di una ragazza come tante, il percorso di ricerca di Vanessa Roghi sul mondo delle cosiddette «droghe pesanti». Una storia che inizia alla fine dell'Ottocento, quando i derivati dell'oppio furono salutati come i rimedi definitivi contro il dolore, prima che se ne conoscesse il risvolto dell'assuefazione e della dipendenza, e arriva ai giorni nostri, quando nel 2019, poco prima dello scoppio della pandemia di Covid-19, si è verificata una nuova impennata nel consumo di eroina, dopo quindici anni di calo costante. Passando dalla costruzione socioculturale della figura del «tossico» ai corsi e ricorsi della «guerra alla droga», fino alla responsabilità delle case farmaceutiche nella nuova crisi degli oppioidi. Sullo sfondo di questo scenario, l'autrice si interroga sulla possibilità di una soluzione diversa, sia dalla politica punitiva adottata da molti Paesi europei, fra cui l'Italia, il cui risultato è che su 850.000 detenuti il 18 percento è recluso per uso o possesso di droghe, sia da quella delle comunità terapeutiche, dove l'imperativo è rinunciare di colpo e per sempre alle sostanze. Questa «terza via» si chiama riduzione del danno ed è l'ammissione che, per alcuni, smettere di assumere stupefacenti non è un'opzione praticabile. È un'alternativa che deve declinarsi sul singolo e soprattutto rinunciare alla stigmatizzazione del soggetto, che serve solo a emarginarlo e condannarlo a una morte «civile». Una ricerca appassionata e documentata, che ci porta nell'inferno della dipendenza dalle droghe. Perché «grazie a una vera e propria epica dei narcos, paradossalmente, del sistema mondiale della droga sappiamo senza dubbio molto di più di quanto sappiamo del "drogato" vicino a noi».
VANESSA ROGHI PICCOLA CITTÀ
Decine di migliaia di tossicodipendenti, una ‘generazione scomparsa’ su cui si è steso un velo di oblio. Un libro di storia, un memoir che squarcia un muro di silenzio e lo fa partendo dal punto di vista più difficile e doloroso: quello personale.
«Guardate questa bambina. Questa bambina sono io. Ho un buffo cappello di lana colorato, lo so perché c’è un’altra foto a colori che me lo dice. Sto con M. Deve essere il 1977. Sono felice. La città per me è ancora una soltanto. Nessun muro la divide in due. Per ora. Dopo non sarà mai più così. Quando arrestano mio padre per spaccio di eroina ho 15 anni, frequento il ginnasio, nell’unico liceo classico di Grosseto. Un liceo di provincia, frequentato dai figli dei professionisti della città. Quando lo arrestano io non dico niente a scuola. Non trovo le parole per farlo, non credo di averle neanche cercate, è qualcosa che accade, e basta. Quando le cose accadono a me io non so come raccontarle. Per questo faccio la storica, racconto le cose che accadono agli altri, eppure questa di mio padre voglio raccontarla, così inizio a parlarne con gli altri, ma solo all’università, quando mi sento ormai protetta dalla distanza, ne parlo e ne parlo, e una giovane storica senza immaginazione si domanda se sono matta ad andare a dire in giro che mio padre si è fatto di eroina. Perché questa è una cosa che non si racconta. Non è neanche un fatto degno di storia. È una piccola storia ignobile.»
30 ottobre 2022
LUCIANO BIANCIARDI IL CATTIVO PROFETA
La rivoluzione, il gruppo di boiardi di provincia del Lavoro culturale, alla fine non la fanno mai; Marcello, nell’Integrazione, si ferma prima di scagliare il mattone contro la metropoli che lo asfissia con le sue torri metalliche; il narratore della Vita agra non attua il piano di far saltare in aria il torracchione della grande azienda che ha lasciato morire ammazzati quarantatré minatori. Ma quello che le opere di Luciano Bianciardi hanno rappresentato per l’Italia degli anni sessanta, così ingenuamente imbevuta dei miti del progresso e del miracolo economico, è stato qualcosa di simile a un intero plotone mitraglieri che apriva il fuoco contro il cielo di carta che la proteggeva. Intellettuale corsaro, cantore corrosivo delle contraddizioni della società del benessere, esistenzialista anarchico, Bianciardi è oggi un punto cardinale nel panorama letterario del secondo Novecento italiano. Il Saggiatore ne ripropone in un unico volume tutti i romanzi, i saggi, i racconti e i diari, le molte vite di un irregolare entrato nel ca¬none: dagli anni giovanili dell’impegno nella natia Grosseto – da cui nacquero il libro-inchiesta I minatori della Maremma e il primo romanzo Il lavoro culturale – al trasferimento a Milano; dal racconto del lato oscuro dell’industria editoriale nell’Integrazione al capolavoro La vita agra, in cui confluirono tutta l’alienazione e la «solenne incazzatura» del periodo trascorso nel capoluogo lombardo. Fino alla fine, con la riscoperta-rifugio dell’epopea risorgimentale in Aprire il fuoco, romanzo ucronico in cui sulle barricate delle Cinque giornate di Milano, al fianco di Carlo Cattaneo, sfilano Enzo Jannacci e Giorgio Bocca. Curato da Luciana Bianciardi e arricchito della nuova prefazione di Matteo Marchesini, Il cattivo profeta raccoglie tutte le sfumature di un autore che, facendo della sua esistenza appassionante letteratura, è riuscito a immortalare le illusioni, i tic e le miserie dell’infinito presente dell’età post-industriale.
ENZO PALLADINI CASAGRANDE: ALL'INFERNO E RITORNO
L’importante è essere contro. Uno stile di vita mai rinnegato e mai abbandonato. La vita di Wálter Casagrande Júnior è tutta così: avversari da battere sul campo, nemici da affrontare per strada e nella vita. Fantasmi, anche. Quello di un padre violento e alcolista poi redento fuori tempo massimo, quello delle droghe più devastanti, quello di una dittatura politica e culturale dalla quale evadere con qualunque mezzo. E il fantasma di Socrates, amico scaricato e poi ritrovato.
La Democracia Corinthiana, la Seleção, il Porto, quattro stagioni ad Ascoli, una Coppa Italia con il Toro. Una storia di calcio che deborda quasi subito dalle righe bianche del campo, che spazia in quasi tutti i campi d’influenza del genere umano, che coinvolge come se fosse stata vissuta da un cugino o da un vicino di casa. È il viaggio di una rockstar all’inferno con biglietto di ritorno. Ripetuto varie volte come una tratta ordinaria.
PAOLO ROVERSI ALLA VECCHIA MANIERA
Sono gli ultimi giorni dell’Expo, e Milano galleggia in un inedito silenzio quando in pieno centro viene ritrovato il cadavere di un avvoca...
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Orfana di madre, Ebla cresce nell’entroterra somalo. L’anziano padre, astronomo e divinatore tradizionale, le insegna l’arte interdetta all...
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Linda non lo sa, che diventare famosa non è così difficile: basta ubriacarsi una sera e lasciarsi filmare durante un rapporto intimo e ades...
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La voglia di morire, di farla finita non senza tornare per l'ultima volta nei luoghi dove si sono svolti i fatti. È possibile che a dic...